FILM: “Big Eyes” – Tim Burton

I film firmati “Tim Burton” sono una garanzia di risultati fenomenali, e forse vi siete affezionati a questo regista grazie ai suoi personaggi macabri e inquietanti quanto adorabili; per una volta, lasciate i pupazzi e la stop motion nel cassetto, e preparatevi a rivivere gli anni Cinquanta e Sessanta attraverso gli occhi di una pittrice famosa per disegnare… occhi.

Trama (SPOILER)
Anni Cinquanta, Stati Unit: Margaret, un giorno in cui il marito non è in casa, prepara le valige per sé e per la figlioletta, e fugge di casa, non potendo più sopportare un matrimonio infelice. Riesce a trovare lavoro come decoratrice di mobili, continuando a dipingere nel tempo libero: i suoi quadri sono tutti ritratti di bambini, ispirati alla figlia, caratterizzati da occhi grandissimi ed espressivi, quasi sempre tristi. I suoi quadri vengono presto notati da un paesaggista, Walter, il quale inizia a corteggiare Margaret e in brevissimo tempo la convince a sposarlo. Dopo alcuni mesi di matrimonio, Walter vorrebbe rilanciare la sua carriera di artista, e affitta le pareti di un bar per appendere i suoi quadri e quelli di Margaret; in breve, si rende conto che a nessuno interessano i suoi scorci parigini, ma molti iniziano ad interessarsi ai bambini dagli occhi tristi, così decide di fingersi lui stesso l’autore dei quadri della moglie, la quale aveva firmato le sue opere con il cognome del marito. Margaret, se pur titubante, continua a dipingere e a cedere i diritti e i guadagni, sempre più ingenti, al marito, che presto diviene uno degli artisti più famosi e acclamati del momento.
Dopo anni di sopportazione, Margaret scopre che nemmeno i paesaggi che Walter spacciava per suoi sono stati dipinti da lui, e in seguito a uno degli ennesimi atti di violenza del marito, Margaret, portanto con sè la figlia, si trasferisce alle Hawaii. Walter è disposto a concedere il divorzio solo se Margaret dipingerà per lui altri cento quadri, ma un incontro con un gruppo di testimoni di Geova darà a Margaret il coraggio di rivelare al mondo la verità e di trascinare Walter in tribunale per rivendicare i diritti sui suoi quadri. Il giudice fornisce ai contendenti tela, pennelli e colori per ricreare un bambino dagli occhi tristi; Walter simula una contusione ad un braccio, mentre Margaret riesce a portare a termine il quadro, assicurandosi la vittoria della causa.

Storia biografica e contesto storico
La storia di Margaret non è uscita dalla fantasia del regista, ma dalla realtà: Margaret Keane è attualmente una pittrice novantenne, e la storia di cui narra il film è assolutamente biografica. Walter Keane, morto nel 2000, non cessò mai di rivendicare i quadri della ex-moglie come suoi.
Tim Burton conosce di persona Margaret, ed è un grande appassionato dei suoi quadri.

Il film è intriso di piccoli dettagli che rendono la storia ancor meglio collocata all’interno del suo contesto storico. Quando Margaret si presenta al suo primo colloquio di lavoro dopo il divorzio, le viene chiesto se a suo marito andasse bene che lei lavorasse. Inoltre, più volte durante il film Walter sostiene che i bambini con gli occhi tristi non interesserebbero più a nessuno se venisse fuori che ci li ha dipinti è una donna. Negli anni Cinquanta, quando i movimenti femministi non erano ancora esplosi e alle bambine veniva inculcata l’idea che solo l’uomo può meritarsi il titolo di “capofamiglia”, Margaret si ritrova vittima di un marito prepotente che la spingerà a mentire persino alla figlia, per non rivelare l’imbroglio di cui è complice e vittima.

Gli eventi narrati durano circa dieci anni: lo scorrere del tempo è visibile anche grazie alle acconciature, al make up e all’abbigliamento; le pettinature si accorciano e si fanno più vaporose e cotonate, l’eyeliner nero e il rossetto rosso, tanto cari a Marylin Monroe, fanno spazio alle tinte rosa e agli ombretti colorati; i vestitini con la gonna a ruota e la vita alta lasciano spazio ai pantaloni, così come gli anni Cinquanta cedono il passo agli anni Sessanta.

Mi è piaciuto?
La recitazione è eccezionale, così come la ricostruzione del periodo storico. Essendo io stessa una disegnatrice, mi è stato facile immaginare quanto amaro possa essere il vedere un proprio quadro spacciato per proprio da un impostore, e mi ha un po’ fatto innervosire, da testa calda quale lo sono, il fatto che Margaret abbia trovato la forza di ribellarsi solo dopo un decennio, ma meglio tardi che mai. Da quanto è scritto su Wikipedia, dopo il processo contro l’ex marito, i suoi bambini con gli occhi grandi non piangono più, ma ridono; e se i quadri sono lo specchio dell’anima dell’artista, sono molto felice per lei.

Lo consiglio?
Sì, però questo film può far scordare che il regista è lo stesso Tim Burton di The Nightmare Before Christmas, La Sposa Cadavere, Frankenweenie, eccetera, ma non bisogna perder di vista il fatto che si tratta di un racconto biografico, perciò la magia, i colpi di scena spettacolari e gli effetti speciali hanno lasciato il posto a una rappresentazione più fedele alla realtà. Se si è pronti a fare i conti con questi aspetti, allora consiglio di vedere il film, soprattutto a coloro che vogliono vedere per un attimo il mondo così come lo vede un’artista.

La pittrice Margaret Keane con l’attrice che l’ha interpretata, Amy Adams.