Racconto breve: “Il professore”

Ultimamente i miei sogni sono infestati da Yandere Simulator… che strano, vero? A volte mi metto a riflettere sul rapporto che c’è tra la vita e quel che viene dopo, quindi… buona lettura!

Il professore

Una studentessa stava ripassando i suoi appunti seduta a un tavolo della biblioteca. Era da sola. L’orologio segnava le due del pomeriggio: erano tutti in pausa pranzo, tranne lei. Si era alzata tardi quel giorno, doveva ancora finire di digerire la colazione.
Gli appunti erano un po’ sconclusionati. Li aveva scritti in fretta e un po’ distrattamente. Quel ragazzo che ogni giorno si sedeva accanto a lei la deconcentrava e la faceva arrossire, così lo studio finiva per risentirne.
Sorrise tra sé, notando un cuoricino sul bordo della pagina disegnato da una mano che non era la sua.
Qualcuno la distrasse dai suoi pensieri sbattendo rumorosamente la porta della stanza. La ragazza alzò gli occhi per vedere chi fosse appena entrato e vide un giovane professore con gli occhiali accomodarsi al suo stesso tavolo. Aveva in mano un mucchio di fogli, forse esami da correggere. Li sparpagliò sul tavolo, li fissò per qualche istante e poi scosse la testa.
“Nah, ma che importa!” borbottò tra sé. “Se ne occuperà qualcun altro!”
Il professore riordinò alla meglio i fogli e li pose davanti a sé sul tavolo. Dopo qualche istante, iniziò a fissare la ragazza seduta vicino a lui, la quale iniziò a trovarsi seriamente a disagio.
“Senti un po’” chiese lui, con la fronte corrugata. “Sei una studentessa di questa università?”
“Ehm… sì!” rispose lei, in imbarazzo.
“Ti piace leggere, per caso?”
“Sì, molto. Quando posso, ovviamente. Ho sempre tanti compiti da fare…”
“Oh, me lo immagino. Scusa se ti faccio una domanda un po’ strana, ma… tu l’hai letto Dieci piccoli indiani, il giallo della Christie?”
“Oh, sì! L’ho letto quest’estate, pochi giorni prima che iniziassero le lezioni!”
Gli occhi del professore si illuminarono.
“Ti prego, puoi dirmi come va a finire? Sono fermo al punto in cui muore il giudice con un proiettile nella fronte! Sono proprio curioso di sapere chi diamine è l’assassino!”
La ragazza raccontò tutto quello che si ricordava riguardo la conclusione del libro, inclusa la lettera finale del colpevole.
“Ma pensa un po’!” disse il professore, tutto contento, quando lei ebbe finito di raccontare.
“Anch’io sono rimasta di sasso! Pensavo che il colpevole fosse uno dei due uomini!” aggiunse la ragazza.
“Una serie di omicidi perfetta. Se non fosse stato per quella confessione … ah, vabbè! Immagino che non ci sia gusto nell’organizzare una farsa tanto ben orchestrata se non lo si può raccontare a nessuno. Grazie mille e buona giornata!”
“Arrivederci!” lo salutò lei, tornando ai suoi appunti. Quando arrivò l’ora di andare a lezione, la ragazza si accorse che il professore non aveva ripreso con sé gli esami da correggere, così li raccolse e si presentò alla segreteria.
“Buongiorno signore” disse la ragazza, quando finalmente qualcuno la degnò di un po’ di attenzione. “Un professore ha lasciato in biblioteca questi compiti da correggere.”
L’uomo prese i fogli e dette loro una rapida occhiata. D’improvviso, la sua espressione indifferente assunse una sfumatura preoccupata.
“Hai visto il professore che ha lasciato questi fogli? O li hai semplicemente trovati?”
“Sì, l’ho visto. Era un professore giovane, sui quarant’anni credo. Aveva i capelli neri e un paio di occhiali con la montatura rossa.”
“Mi dispiace, non è possibile.” Disse l’uomo.
“Sì, invece! È entrato in biblioteca e ha messo questi fogli sul tavolo, li ha guardati e ha borbottato qualcosa tra sé e sé, poi mi ha chiesto se conoscevo un libro e se ne è andato.”
“Scusami, ma non ti credo. Dove hai trovato questi compiti?”
“Nella biblioteca! Glielo assicuro!”
Il viso del segretario divenne scuro e serio.
“Il professore di cui parli…” disse, sospirando. “È morto una settimana fa in un incidente stradale.”
La ragazza spalancò gli occhi, sorpresa.
“Ma io ci ho parlato, io… io credo di essermi addormentata mentre studiavo. Mi scusi, forse ho immaginato tutto. Arrivederci.”
La ragazza se ne andò verso l’aula dove avrebbe dovuto frequentare l’ennesima lezione d’inglese.
“Eppure ero sveglia…” sussurrava, mentre camminava. “Eppure ero sveglia…”