LIBRI: “Il peso della Farfalla” – Erri De Luca

A volte i libri brevi, come questo, come “Il piccolo principe” (il mio preferito), come “Il gabbiano Jonathan Livingston”, sono quelli che ti rimangono addosso e ti offuscano i pensieri, pronti a finire nel dimenticatoio per riemergere con tutta la loro forza al momento opportuno. E’ come mangiare una torta con tanti strati; se vuoi mangiarla come si deve, occorre affondare il cucchiaio fino all’ultimo strato.

Trama
La trama in quanto tale vede la contrapposizione tra i due re dei camosci. L’uno è un grosso camoscio, indurito dagli anni e dalla prematura perdita della madre, capobranco imbattuto di un numeroso gruppo; l’altro è un vecchio bracconiere che si è meritato quel soprannome uccidendo centinaia di camosci. L’uno ha passato la vita a sfuggire dall’altro.
Alla fine del libro, è incluso un brevissimo racconto su un albero cresciuto su uno strapiombo che l’autore paragona ad un alpinista.

Mi è piaciuto?
Oh, beh… Ha i suoi momenti poetici, non posso negarlo. Paragonare gli zoccoli dei camosci che saltano tra le rocce alle dita di un violinista è certo una metafora che colpisce, e non è la sola. Molti di voi sapranno che io sono vegetariana, e come tale sono contraria alla caccia e alla pesca, pertanto un libro che ha come coprotagonista un bracconiere mi fa innervosire già in partenza. Per quanto l’autore si sforzi di dare un po’ di umanità a questo bracconiere che una volta si dispiacque di aver ucciso una femmina davanti al suo piccolo, la mia simpatia non incrocerà mai questo personaggio. L’altro re dei camosci, quello vero, che, per inciso, ha visto morire la madre proprio grazie al bracconiere, è un animale fiero e incredibilmente placido e coraggioso anche di fronte a quel che ogni altro suo simile teme: il fucile.

Ma insomma, tolti i camosci e i bracconieri, che altro c’è?
Attenzione, qui si spoilera di brutto, quindi non legga chi è amante delle sorprese. Il camoscio, conscio che ormai è giunto il momento di cedere il suo branco a un figlio più giovane e forte, dopo anni di fughe si offre spontaneamente al mirino del cacciatore, il quale però non prova alcuna soddisfazione nell’ucciderlo. La morte sopraggiunge anche per il cacciatore, proprio mentre porta il cadavere del camoscio sulle spalle, e con esso verrà sepolto dalla neve invernale.
Questo scontro mortale tra nemici di vecchia data non porta in sé il dramma della sconfitta e il trionfo della vittoria, ma la resa della vecchiaia alla morte, l’accettazione della fine della propria esistenza, senza rimpianti, poiché gli errori ormai commessi non si possono più cancellare.

Che c’entrano le farfalle?
Fin dall’inizio del libro, quando il camoscio è giovane e riusce a conquistare il suo branco, aleggia una farfalla bianca laddove qualcuno ha perso o perderà la vita: la prima volta, la farfalla si posa sul corno con cui il camoscio ha sventrato il suo rivale. La farfalla è inoltre l’ultima cosa che il bracconiere vedrà prima che il gelo dell’inverno chiuda i suoi occhi per l’ultima volta. Una famiglia di farfalle ha vissuto con il re dei camosci per molti anni, ognuna a simboleggiare l’anima dei camosci che il bracconiere ha strappato al branco (almeno, così la vedo io). Ogni farfalla altro non è che quel che rimane di chi ha lasciato il mondo sensibile ed è diventato uno spirito, leggero, appunto, come una farfalla.

Lo consiglio?
Volete un libro corto? Allora sì. Volete un libro allegro e spensierato? Scordatevi pure tutto quello che ho detto. Avete voglia di arrovellarvi il cervello per qualche tempo? Andate avanti. In un giorno saprete già se pentirvene o meno, tanto è breve e veloce da leggere.

Ma allora mi è piaciuto o no?
Ehm… diciamo che resta un po’ troppo amaro in bocca, per i miei gusti. Non posso dire che sia un brutto libro, non posso nemmeno dire di sentirmi una persona peggiore dopo averlo letto, anzi, è poetico e fa riflettere, solo che io amo i lieto fine. Tutto qui.

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