CAPITOLO 2 – La notte | La stanza grigia

“La stanza grigia” è un il mio primo fumetto da sceneggiatrice, pubblicato con Upper Comics e in vendita in tutte le fumetterie (su ordinazione), online e su Amazon. La storia che state per leggere è quella da cui il fumetto è stato tratto, ma chi ha già letto l’opera cartacea capirà presto che ci sono stati degli enormi cambiamenti! Certo, l’inizio è molto simile, ma… il resto non c’entra proprio nulla! E volete sapere la verità? Il vero finale, quello del fumetto, è decisamente meglio!

Mi buttai sul letto, mi infilai una maglietta sulla testa per proteggere gli occhi dalla luce e cercai in ogni modo di addormentarmi. Inspirai ed espirai profondamente per calmarmi, con l’intento di rimanere immobile finché non fosse giunto il sonno, ma qualunque posizione scegliessi finivo per trovarla scomoda. Mi girai e mi rigirai non so quante volte, mi alzai per andare in bagno, tornai a rigirarmi nel letto, sempre più sfinito ma incredibilmente sveglio… Eppure alla fine devo essermi addormentato, perché fui svegliato dal rumore della botola che si apriva.

Appena vidi angelica, tolsi il vassoio dalle sue mani e la strinsi forte a me.

“Oh, mia cara! Come sono felice di vederti!” bisbigliai, accarezzandole i capelli. Mi allontanai appena da lei, per guardarla negli occhi e sorridere.

Il suo viso era sbiancato. Rimase immobile per alcuni istanti. Finii per toglierle le braccia di dosso.

Non sorrideva, non sbatteva gli occhi, non respirava quasi. Pareva una bambola.

Mi fissò intensamente, inspirando, e poi disse: “No”.

“Come no?” risposi io. “Certo che sono contento di v-”

“NO!” insistette lei, respingendomi. “So cosa stai facendo, non avresti dovuto! Ti stai prendendo gioco di me, che dovrei essere la persona più importante nel tuo mondo! Non l’avrei mai fatto, ma l’hai voluto tu…”

Angelica chiuse la botola dietro di sé e sparì.

Guardai il vassoio di plastica. Un paio di fette biscottate con la confettura di more e un bicchiere di latte. La mia colazione preferita.

La mangiai in silenzio. “Non l’avrei mai fatto” aveva detto, ma di cosa stava parlando?

Per un attimo valutai l’idea che volesse uccidermi… ma in fondo lei mi voleva, e da morto non le sarei stato utile… o forse sì? Forse le bastava possedermi e basta, vivo o meno che fossi?

Mentre rosicchiavo una fetta biscottata, sentii di nuovo la botola aprirsi. Angelica fece capolino, ancora scura in volto. Posò una scatola a terra, senza nemmeno guardarmi negli occhi.

“Sono i tuoi pasti dei prossimi giorni”, disse lei. “Sono multivitaminici con proteine, carboidrati e lipidi. Ti sosterranno perfettamente e non perderai nemmeno peso. Te li ho presi al cioccolato. Questa è la mia ultima cortesia nei tuoi confronti, almeno per il momento, perché so che il cioccolato ti piace. Anche se onestamente io non li ho trovati buoni. D’ora in poi, mangerai questi a colazione, pranzo e cena. Quando li avrai finiti tutti magari ne riparleremo.”

Senza aggiungere una parola, Angelica chiuse la botola.

Mi inginocchiai a terra e guardai dentro la scatola. Trenta bottiglie trasparenti piene di liquido marrone. Ne aprii una, l’annusai… l’odore non era male. Provai ad assaggiarla. Storsi un po’ il naso. Aveva ragione Angelica, non era un granché.

Finii la mia fetta biscottata, assaporando ogni briciola di quel gusto e di quella croccantezza… quando avrei rimangiato qualcosa di solido? Trenta bottiglie… mi sarebbero bastate al minimo per dieci giorni…

Mi voltai d’impulso verso la lampada solare. Con quella cosa sempre accesa, senza Angelica a scandire l’ora dei pasti, avrei perso completamente il senso del tempo.

Quando anche l’ultimo sorso di latte fu deglutito, mi misi a cantare un po’. Passai in rassegna qualche canzone dei Queen. Non riuscivo proprio a fare gli acuti di Freddie Mercury. Mi buttai a terra, cercai di fare i piegamenti, poi gli addominali. Corsi sul posto, camminai avanti e indietro per la stanza, cantai ancora, bevvi avidamente l’acqua del rubinetto e poi ricominciai a fare esercizio… pensai di farmi una doccia, ma non avevo nessuna garanzia che i miei vestiti sudati sarebbero stati lavati tanto presto. Guardai nel cassetto: tre maglie pulite e tre paia di mutande. Due paia di calzini. Da quel momento in poi, mi sarei allenato nudo… o magari no, magari mi sarei crogiolato nel mio fetore. Mi annusai le ascelle e sentii che in fondo non puzzavano neanche tanto. Lasciai perdere la doccia e mi misi a giocare con le bottiglie di pseudo cioccolato. Erano impossibili da impilare, così mi misi ad allinearle per formare varie figure geometriche. Decisi che avrei tenuto tutti i vuoti e che li avrei riempiti d’acqua, così avrei continuato a giocarci anche dopo averne bevuto il contenuto. Ero talmente annoiato che finii per trangugiarmi un’intera bottiglia tra una canzone dei Queen e l’altra. Poi però un’ondata di acido proveniente dallo stomaco mi suggerì che forse, tra acqua e cioccosurrogato, avevo esagerato un po’ con i liquidi.

Ma si dice un, due, tre, stella o un, due, tre, stai là? Credo la seconda. Sì, ha molto più senso. Che poi chissà se Aquaman riesce a parlare anche con i delfini, e le balene, anche se sono mammiferi.

Mi gettai sul letto, con la faccia coperta da una maglietta, ma ero tutto fuorché stanco. Non potevo bere, non potevo dormire, non potevo neanche più cantare perché ormai ero rimasto senza voce. Finii per sentire la mancanza di…

Non ebbi il coraggio nemmeno di pensarlo.

💕 FINE DEL  SECONDO CAPITOLO! 💕

Se vi ho interessato, ecco il link Amazon del fumetto: https://amzn.to/3S41Wqa