Due guanciali, tre domande esistenziali

Abbracciai forte il mio secondo cuscino, cercando di dormire. Eh sì, da qualche giorno avevo preso l’abitudine di tenere ben due guanciali nel letto: uno per la testa e uno per le ginocchia, le gambe, le braccia, i piedi, le mani o qualunque altra cosa mi andasse di posarci sopra. Stavo di nuovo scrollando il telefono senza ritegno, guardando foto di gatti e tutorial di disegno decisamente troppo avanzati per le mie abilità.

D’improvviso, sentii farsi strada il solito pensiero che mi coglieva spesso in piena notte quando non riuscivo a dormire: ma io sto davvero vivendo? O sto ancora aspettando che la mia vita abbia inizio? Ho davvero visto, fatto, provato qualcosa?

“NO! FERMA!” sussurrò una voce querula ai piedi del letto, accompagnata da un balzo maldestro in mezzo alle lenzuola attorcigliate. “Non cominciare con questi pensieri proprio ora, non è davvero il caso!”

“Ma non ti viene mai questo dubbio, Norvy?” domandai. “Voglio dire, perché io non trovo divertenti certi passatempi che ai miei coetanei piacciono tanto?”

“Perché sei fatta così, ecco perché. Non possono piacere a tutti le stesse cose!”

Norvy si accomodò più vicino alla mia faccia: vedevo i suoi occhi gialli lampeggiare alla flebile luce dello smartphone.

“Ma forse sarei più felice se riuscissi a fare tutte quelle cose lì, non pensi?”

“Chiara, anche io sarei più felice se avessi un milione di euro e una villa ai Tropici, ma indovina cosa? Non ce li ho. Se continui a ragionare con ipotesi e condizionali non farai altro che perderti di vista.”

“Ma non sono mai uscita dall’Italia. Eppure il mio sogno sarebbe viaggiare… solo che adesso sento che non è il momento giusto.”

“Ed è per questo che non ti senti abbastanza viva? Perché non sei riuscita a viaggiare abbastanza?”

Annuii, abbassando gli occhi su una foto della torre Eiffel. Quanto mi sarebbe piaciuto andare a Parigi…

“Allora nemmeno io sono abbastanza vivo” aggiunse lui, “perché il mio sogno è andare sulla Luna, invece sono inchiodato qui sulla Terra! Suvvia, ragiona prima di dare voce a certe stupide voci nella tua testa! Di solito voi umani vivete a lungo, quindi probabilmente ti resta abbastanza tempo per fare tutti i viaggi che vuoi. Questo periodo storico è abbastanza turbolento, eh, non è colpa tua se non te la senti di viaggiare o vuoi rimandare a un altro momento.”

“E se mi buttassi e basta? E se domani esplodessimo tutti? E se morissi giovane?”

Norvy scosse la testa. “Potresti buttarti e basta, certo; ma riusciresti a goderti i preparativi? No, conoscendoti direi di no. Secondo: sì, domani potremmo esplodere tutti, e sai cosa? Mentre verremo catapultati in aria sottoforma di briciolini, non avrai il tempo di pensare ai tuoi viaggi mancati. Terzo: se morissi giovane, vuol dire che te ne andrai con altri bei ricordi che non siano il viaggio in Giappone o a Parigi di cui vaneggi sempre! Ti porterai nella tomba le persone che hai amato, gli amici di un tempo e quelli di adesso, i libri che hai letto, le giornate in spiaggia e quelle accoccolata sotto le coperte a guardare serie televisive, la volta che hai imparato ad andare in bicicletta, i giorni all’università, i tuoi primi lavori, i disegni che hai fatto e i libri che hai letto. E magari ci porterai anche me, che ne dici?”

Strinsi la zampa grigia di Norvy tra le dita, prima che cominciasse a svanire.

“Sei cattivo” ridacchiai. “Trovi sempre il modo di farmi piangere”.

“Eppure stai ridendo” disse lui. “Quindi trovo anche il modo di farti ridere!”

Norvy tornò nel suo angolino buio fatto di sogni e speranze, e io abbracciai più forte il secondo cuscino fingendo che fosse un gattone grigio.